N. 83 Dicembre 2024 | Eppure, dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva…

L’elezione di Trump, con le ripercussioni che provocherà a livello internazionale, arriva in un momento di grande vulnerabilità dell’Unione europea, stretta tra minacce alla sicurezza, la dipendenza da Paesi terzi nei settori strategici, il ritardo tecnologico, la crisi economica, politica e sociale che indebolisce la democrazia e i due Paesi chiave, Germania e Francia, paralizzati da crisi interne. Davanti a questo scenario, l’Unione Europea può salvarsi solo affrontando le questioni di fondo che paralizzano il processo di integrazione da decenni e risolvendo le cause del suo declino strutturale.

Sull’Europa incombe una tempesta perfetta. Dopo essere riuscita a sopravvivere a una serie di crisi negli ultimi 15 anni – dal rischio di default multipli alla pandemia, dall’emergenza rifugiati all’invasione russa dell’Ucraina – l’Unione si trova ora sull’orlo di nuove, gravissime tensioni. La vittoria di Donald Trump lo scorso 4 novembre ha consegnato il governo della maggiore potenza economica e militare mondiale all’estrema destra del Partito Repubblicano, composta in gran parte da miliardari senza scrupoli e pregiudicati. Il loro obiettivo dichiarato, “America First”, si tradurrà in una politica commerciale aggressiva e in un disimpegno dagli scenari non ritenuti immediatamente strategici, a cominciare dall’Europa.

L’elezione di Trump rischia di fungere da catalizzatore per altre crisi globali. La situazione in Ucraina potrebbe degenerare in un’escalation di violenza, con Putin intenzionato a conquistare nuovi territori. In Medio Oriente, il fragile cessate il fuoco in Libano e il nuovo scenario in Siria aggravano l’instabilità, mentre la Corea del Sud è travolta dal caos politico dopo il fallito golpe del presidente Yoon.

La tempesta Trump si abbatte sull’Europa nel momento di maggiore vulnerabilità politica. I due Paesi chiave, Germania e Francia, sono paralizzati da crisi interne. In Germania, con le elezioni del prossimo febbraio all’orizzonte, è probabile che la CDU-CSU ottenga una maggioranza relativa, ma resta difficile formare un governo stabile. Le alleanze possibili con SPD o Verdi (o entrambi) appaiono fragili, mentre il senso di insicurezza e la crisi del settore industriale alimentano il consenso dell’estrema destra di AfD. In Francia, dopo le elezioni legislative anticipate di giugno, il parlamento è diviso in tre blocchi – sinistra, centro ed estrema destra – che rendono complicatissima la formazione di un governo. La rigidità della Quinta Repubblica, unita alla spregiudicatezza di leader populisti ed estremisti come Le Pen e Mélenchon, impedisce una soluzione a breve termine. Paradossalmente, è l’Italia a mostrare maggiore stabilità, almeno per il momento, nonostante le evidenti difficoltà del governo nel portare avanti le riforme promesse, sia economiche (riduzione delle tasse e liberalizzazioni) sia istituzionali (autonomia regionale e premierato).

Questi fattori combinati rendono l’Europa un bersaglio vulnerabile, esposta a una crisi su più fronti senza precedenti nella sua storia recente. Tuttavia, di fronte a questi nuovi pericoli, l’Unione Europea può salvarsi affrontando le questioni di fondo che paralizzano il processo di integrazione da decenni e risolvendo le cause del suo declino strutturale.

È quanto emerge dal Rapporto Draghi sulla Competitività e dal Rapporto Niinistö sulla Sicurezza, elaborati su iniziativa della Commissione Europea e resi pubblici negli scorsi mesi. Entrambi i rapporti evidenziano come il grande potenziale dell’Unione sia sostanzialmente bloccato dai deficit cronici del suo sistema istituzionale, che le impediscono di adottare decisioni tempestive nell’interesse generale, e dalla limitata disponibilità di strumenti finanziari necessari per portare avanti le sue politiche. Due riforme appaiono dunque estremamente urgenti: abolire la regola dell’unanimità nel Consiglio su questioni chiave come la politica estera e di difesa, e dotare l’Unione di un’autonomia fiscale che le consenta di indebitarsi e raccogliere risorse proprie. Solo a queste condizioni l’UE potrà compiere quel salto politico a lungo atteso dai cittadini, i quali, pur mantenendo la loro fiducia nel processo di integrazione, ritengono che le attuali istituzioni siano del tutto inadeguate ad affrontare le sfide odierne.

È qui che si gioca la partita decisiva posta dal nuovo ciclo di crisi multiple e potenzialmente letali per l’Unione: con l’indebolimento della Francia e della Germania, l’unica leadership politica in grado di guidare gli interessi generali dell’Unione è quella della Commissione Europea. Nonostante le difficoltà iniziali legate alla nomina del Commissario Fitto, appartenente al partito euroscettico dei Conservatori Europei, e della Commissaria Ribera, contestata dai deputati spagnoli del Partito Popolare Europeo, il nuovo esecutivo guidato da Ursula von der Leyen si è insediato il 1° dicembre 2024, nel rispetto dei tempi previsti. Nel suo discorso di insediamento, von der Leyen ha fatto propri gli obiettivi politici individuati nei Rapporti Draghi e Niinistö, anticipando una serie di proposte legislative, tra cui il completamento dell’Unione Europea dei capitali, il rafforzamento dell’industria europea della difesa, lo sviluppo di una maggiore autonomia energetica. Allo stesso tempo, von der Leyen ha ribadito l’impegno a lavorare sul tema delle riforme istituzionali, inclusa la revisione dei trattati, in stretto collegamento con il Parlamento Europeo. Quest’ultimo, già lo scorso anno, ha presentato un ambizioso progetto di riforma dell’Unione, in linea con le richieste espresse dai cittadini durante la Conferenza sul Futuro dell’Europa.

Il compito della nuova Commissione sarà quindi duplice. Da una parte dovrà portare avanti progetti urgenti a breve termine, non solo l’adozione di contromisure ai dazi americani, ma anche il sostegno all’industria europea della difesa, investimenti strategici per una decarbonizzazione sostenibile, il rafforzamento degli aiuti militari a Kiev, il che porrà nell’immediata la necessità di emettere nuovi eurobond. Allo stesso tempo, la Commissione dovrà esigere dai governi di avviare una riforma dell’Unione, possibilmente mediante la convocazione di una Convenzione, con il supporto del Parlamento Europeo che ha già inoltrato questa richiesta al Consiglio europeo senza per ora ricevere risposta.

Solo con un’azione determinata della Commissione, con il sostegno delle forze europeiste nel Parlamento europeo, sarà possibile trasformare le crisi in opportunità e rilanciare la prospettiva di un futuro di stabilità e progresso per l’Unione Europea.

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