Il grande anno elettorale continua. Le scelte degli elettori stanno plasmando nuove maggioranze di governo e danno forma a nuovi equilibri internazionali. In generale, sembra che ad essere premiati in gran parte degli appuntamenti elettorali siano le opposizioni: la vittoria delle forze progressiste in Messico e nel Regno Unito va ricercata nei risultati fallimentari dei governi uscenti di questi Paesi; anche il forte ridimensionamento di Modi in India, il cui partito popolare ha perso la maggioranza e si vede costretto a cercare delle difficili alleanze in Parlamento, sembra confermare questa tendenza. Quanto alle prossime elezioni negli Stati Uniti, si delinea una situazione più complessa e per certi aspetti imprevedibile: Trump è uscito sostanzialmente indenne dalle numerose vicende giudiziarie grazie all’assist della Corte suprema ed è ora pronto a “salvare l’America” forte anche del “miracolo di Butler”, cittadina della Pennsylvania dove è sopravvissuto ad un attentato alla sua persona. Quanto a Biden, che pur ha ottenuto importanti risultati economici e di politica estera, la maggior parte dei cittadini americani lo giudica ormai inidoneo a svolgere i suoi compiti di Presidente a causa delle difficoltà di salute e dell’avanzare dell’età. Da qui la decisione di rinunciare alla corsa, lasciando al Partito democratico la scelta di un nuovo candidato in extremis cha sia in grado di battere Trump.
Mentre gli equilibri politici internazionali evolvono rapidamente, i risultati delle elezioni europee danno invece un importante segnale di stabilità: le forze pro-europee hanno mantenuto la maggioranza nell’emiciclo di Strasburgo con un calo significativo solo dei Verdi, compensato però dalla crescita dei Popolari. Certo, in alcuni Stati membri le forze di estrema destra hanno ottenuto risultati molto importanti, in particolare in Francia. Proprio in questo Paese, tuttavia, la scelta del Presidente della Repubblica di sciogliere l’Assemblea nazionale e di indire elezioni anticipate ha accelerato la ricomposizione del quadro politico francese: la tenuta del fronte repubblicano ha permesso al secondo turno delle legislative di mettere all’angolo l’estrema destra del Rassemblement nationale, superata sia dalla sinistra unita nel nuovo Fronte popolare, sia dalla coalizione presidenziale. Tale risultato, oltre a confermare la frammentazione del quadro politico francese in tre blocchi di simili dimensioni, ha segnato, almeno per il momento, una frustrazione delle ambizioni dell’estrema destra di conquistare il governo della nazione, e la conferma che la maggior parte dei cittadini francesi continua a sostenere forze politiche favorevoli al processo di integrazione europea. Non è ancora chiaro se e quanto il margine d’azione del Presidente Macron in politica estera possa essere ridimensionato dall’eventuale elezione di un governo di centro sinistra da parte della nuova Assemblea nazionale, ma con ogni probabilità il nuovo esecutivo riuscirà a mantenere una linea d’azione favorevole al processo di integrazione.
Il risultato delle elezioni del Parlamento UE insieme anche alla tenuta delle forze pro-europee in un Paese chiave come la Francia hanno creato le condizioni per la riconferma di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione europea. La rielezione, tenutasi lo scorso 18 luglio, ha visto 401 voti favorevoli, 284 i contrari e 15 gli astenuti, 41 in più del quorum necessario. Si tratta di una notizia molto positiva e per niente scontata. La sua maggioranza, allargandosi di fatto ai Verdi, ricalca essenzialmente il perimetro delle forze pro-europee del Parlamento, là dove il sostegno anche parziale dei conservatori euroscettici, prospettato e auspicato da molti commentatori, avrebbe pregiudicato questo dato, creando ambiguità e condizionamenti sulla futura linea politica della Commissione.
Nel discorso programmatico su cui ha incassato la fiducia della maggioranza del Parlamento europeo, Von der Leyen ha scelto un taglio ecumenico volto ad accontentare le diverse anime della coalizione: industria della difesa e lotta all’immigrazione irregolare per i Popolari; piano casa e aumento degli investimenti per i Socialisti; la conferma del Green Deal per i Verdi (sebbene alla sua attuazione debba servire “pragmatismo”); rafforzamento del mercato europeo e lotta alla disinformazione per i Liberali. Allo stesso tempo, grazie alla pressione degli eurodeputati federalisti – già riorganizzatosi nel nuovo Gruppo Spinelli – Von der Leyen ha chiaramente affermato l’impegno della prossima Commissione a favore di una riforma dei Trattati. Tale dichiarazione è tanto più importante perché è la prima volta che un’altra istituzione europea reagisce in modo favorevole all’iniziativa di riforma del Parlamento europeo che lo scorso 22 novembre aveva deciso di aprire formalmente con una risoluzione la procedura ex art 48 TUE.
Si noti come la proposta di Von der Leyen non si limita a richiamare la riforma dei Trattati in generale, bensì la caratterizza sia sulla priorità di contenuto, sia sul metodo. Da una parte, Von der Leyen afferma che la riforma dell’Unione, dunque in prospettiva la modifica dei Trattati, debba concentrarsi su alcune priorità: rafforzare la capacità di agire dell’Unione (dunque affrontando la questione del diritto di veto), migliorare le politiche europee (rivedendo plausibilmente la distribuzione delle competenze tra l’UE e gli Stati membri) e consolidare il bilancio (auspicabilmente creando una vera autonomia fiscale dell’Unione). Allo stesso tempo, Von der Leyen si è impegnata a lavorare su questo fronte fianco a fianco al Parlamento europeo. In questo senso, è auspicabile che l’attuale Parlamento rivendichi i risultati di quello uscente e ribadisca la proposta dettagliata di riforma dei Trattati già elaborata dalla Commissione AFCO sulla base delle richieste dei cittadini durante la Conferenza sul futuro dell’Europa.
Lo scopo è quello di arrivare a primavera ad una proposta congiunta di Commissione e Parlamento da presentare al Consiglio europeo, il quale dovrà raggiungere una fragile maggioranza per sostenere l’apertura di una Convenzione, plausibilmente nella seconda metà del 2025. É un obbiettivo difficile, ma necessario, su cui serve coalizzare l’impegno e l’attenzione di tutte le forze federaliste ed europeiste dentro e fuori il Parlamento europeo.
In conclusione, a quasi due mesi dalle elezioni del Parlamento europeo, è possibile affermare con sollievo che la finestra di opportunità per riformare l’Unione resta aperta, per quanto sia difficile percorrerla. Intanto, la storia continua a bussare alle porte dell’Europa perché diventi finalmente adulta ed assuma le sue responsabilità. Il perdurare della guerra in Ucraina, la destabilizzazione cresce del Medio Oriente, il possibile ritorno dei Trump alla Casa Bianca, le mosse della Cina in Asia rendono essenziale che l’Unione si trasformi e diventi un soggetto in grado di esercitare un potere europeo, senza più veti nazionali, nell’interesse dei suoi cittadini e per la tutela dei suoi valori.