N. 64 Gennaio 2015 | Europei al bivio

I drammatici fatti di Parigi richiamano i governi europei ad una risposta politica all’altezza della sfida ai valori della civiltà democratica. Tante proposte sul tappeto richiamano la necessità di fondi ad hoc dell’area euro di natura federale. Serve solo la volontà di mettere in atto queste scelte invece di disperdersi in deboli alternative nazionali.

N. 63 Luglio 2014 | Una legislatura costituente

La radicalizzazione dello scontro che ha accompagnato la campagna elettorale si spiega in riferimento all’importanza che riveste questa legislatura: il nuovo parlamento ed i governi dovranno saper concludere il processo di trasformazione dell’unione monetaria in una vera unione politica a partire dalla realizzazione del federalismo fiscale.

N. 60 Gennaio 2013 | Superare gli ostacoli sulla strada delle “quattro unioni”

Realizzare le unioni bancaria, fiscale, economica e politica sciogliendo il nodo della legittimità democratica: questa è la rotta che i governi dell’eurozona, e le istituzioni europee si sono impegnati a seguire per mettere in sicurezza l’euro, risolvere la crisi del debito sovrano e creare una vera unione economica e monetaria.

N. 59 Luglio 2012 | Sfruttare il cambio di clima in Europa per tradurre il nuovo fermento di proposte in iniziative politiche

La crisi dell’Euro non è ancora risolta, ma con la decisione dei governi dell’Eurozona di procedere subito sulla strada delle unioni bancaria e di bilancio, l’approvazione del parlamento tedesco del fiscal compact e del MES e gli impegni analoghi assunti da Francia, Italia e Spagna il clima è cambiato e si è aperta una finestra di opportunità per fare l’Europa.

N. 56 Luglio 2011 | Le primavere arabe e l’assenza dell’Europa

La precarietà del quadro politico, economico e finanziario mondiale, la fragilità delle prospettive di integrazione euro-mediterranea e l’incapacità degli europei di proporre ai paesi africani un piano di co-sviluppo pongono seri dubbi sulle possibilità di successo delle primavere arabe.

N. 55 Gennaio 2011 | Chi è sovrano in Europa?

Gli Europei non hanno ancora preso atto del fatto che la crisi dell’euro non ha messo semplicemente a nudo la fragilità delle regole dell’Unione e le debolezze strutturali di alcuni paesi europei, ma ha posto a loro, ancora una volta, il problema di decidere chi deve essere sovrano in Europa.

N. 54 Settembre 2010 | Per superare la crisi finanziaria occorre andare oltre il metodo comunitario

I mercati hanno identificato nell’Europa il soggetto più fragile, e quindi perdente, all’interno dei nuovi equilibri mondiali. La vera sfida per gli europei è quella di rilanciare il progetto della Federazione europea per andare oltre il metodo comunitario in cui le materie vitali per i cittadini restano ai paesi membri. Per superare i timori tedeschi sui costi economici dell’operazione, occorre che la Francia apra alla messa in comune la sovranità nel campo della politica estera e di sicurezza.

N. 53 Marzo 2010 | Riformare il Trattato di Lisbona per sbloccare la costruzione europea

In un’Europa proiettata ad allargarsi, i cittadini, pur continuando a credere nel progetto di un’Europa unita, sono prigionieri di un quadro nazionale in cui questo progetto non è più all’ordine del giorno e che li condanna all’irrilevanza a livello mondiale. E’ necessario un cambio di rotta con un’iniziativa per unire politicamente un numero ristretto di paesi, pur salvaguardando l’acquis communautaire per tutti.

N. 52 Dicembre 2009 | La sentenza della Corte costituzionale tedesca blinda il Trattato di Lisbona

Con il Trattato di Lisbona il progetto europeo si è arenato. La stessa Corte costituzionale tedesca ha ricordato che le materie fondamentali non possono essere “comunitarizzate” perché il voto a maggioranza nel Consiglio violerebbe i diritti democratici. L’Unione politica si potrà realizzare solo attraverso un esplicito atto costituente, che non può avvenire se non a partire da un primo nucleo di paesi.

N. 51 Luglio 2009 | L’attualità della proposta Schäuble-Lamers per sbloccare l’impasse che paralizza l’Unione

I risultati delle forze populiste alle recenti elezioni europee confermano la disaffezione dei cittadini verso questa Europa che non è in grado di. La proposta di Schäuble-Lamers, fatta 15 anni fa, dell’Europa a più velocità riemerge necessariamente ad ogni crisi, poiché è incontrovertibile il fatto che questa soluzione è la sola in grado di sbloccare l’impasse che paralizza l’Unione.

N. 49 Novembre 2008 | Agli equilibri mondiali manca un polo europeo

Negli ultimi mesi il mondo è stato scosso da due gravi crisi. La prima, di carattere militare e con implicazioni politiche regionali, è quella legata al conflitto tra Russia e Georgia. La seconda, di natura finanziaria e con un impatto economico globale, è legata al crollo di numerosi colossi bancari e delle borse in tutto il mondo. Si tratta di due crisi di gravità molto diversa per quanto riguarda le implicazioni e l’impatto che stanno avendo sui nostri paesi, ma accomunate dal fatto di essere il prodotto del profondo mutamento in atto negli equilibri mondiali. Entrambe hanno contribuito a far cadere il velo che ancora celava la fine dell’unipolarismo americano, aprendo così scenari nuovi ancora difficili da definire. Un fatto è certo. La strategia perseguita dagli Stati Uniti dopo il crollo dell’Unione Sovietica non solo si è esaurita, ma è sostanzialmente fallita. Infatti l’obiettivo principale di questa strategia, cioè quello di preservare l’egemonia americana, non è stato raggiunto sia perché altre potenze emergenti hanno iniziato ad imporre di fatto la condivisione della leadership internazionale, sia perché il modello di potenza mondiale guida incarnato dagli USA è entrato in crisi mostrando i propri limiti intrinseci e raccogliendo sempre meno consenso. Sul piano economico e finanziario il tentativo americano di usare la propria superiorità per sfruttare i mercati emergenti non ha tenuto conto della capacità dei maggiori tra essi, in particolare della Cina, di volgere a proprio vantaggio la logica del liberismo. Mentre sul piano strategico-militare gli USA, perseguendo un velleitario disegno egemonico globale, hanno escluso la possibilità di cooperare su un piano di parità con altri Stati in grado di esercitare un’influenza anche solo a livello regionale. Perno centrale di questa strategia è stata la prospettiva del riarmo, per accrescere ulteriormente il divario tra se stessi e il resto del mondo in campo militare, con l’obiettivo innanzitutto di assumere il controllo dell’area mediorientale, strategica per le riserve energetiche, e di isolare e neutralizzare la Russia – la sola potenza nucleare in grado di sfidare Washington – sfruttando a questo scopo l’allargamento dell’Unione europea e della NATO. Se il fallimento della politica americana in Medio Oriente è sotto gli occhi di tutti, la Russia, da parte sua, con l’intervento in Georgia ha dimostrato definitivamente che anche il tentativo di mantenerla in posizione subordinata non ha funzionato. Tra l’altro, questo intervento ha messo in evidenza, al di là delle dichiarazioni di principio, come l’America non sia in grado di proteggere i propri alleati nella misura in cui è già fortemente impegnata su un altro fronte e ha mandato sotto questo profilo un chiaro segnale ai paesi dell’Est europeo. La Russia emerge così da questa crisi confermando ulteriormente di avere riacquisito il proprio status di potenza regionale e di essere determinata ad avere un forte peso sulle vicende mondiali. Essa ha di fatto messo in crisi il piano americano che mirava ad accerchiarla tramite la NATO, sia perché ha saputo ristabilire rapporti privilegiati con alcuni dei paesi che gli USA speravano di trasformare in propri alleati, come per esempio il Kazakhstan, sia perché la stessa “vecchia Europa” ad un certo punto ha scelto di non sostenere fino in fondo la linea statunitense e ha incominciato a temporeggiare sull’ingresso dell’Ucraina e della Georgia nell’alleanza atlantica. Inoltre, con l’affermazione del proprio controllo in Ossezia del Sud e in Abkhazia, Mosca ha sconfitto definitivamente il piano statunitense, che mirava a limitare il suo controllo sul Mar Nero e sui gasdotti che riforniscono l’occidente e, di riflesso, ha inferto un duro colpo ad una politica energetica europea più autonoma e diversificata. Tutto questo non significa un ritorno al